domenica 14 dicembre 2014

Marlene Kuntz @ C.S.O. Pedro - Padova

13 dicembre 2014

Due concerti uno dietro l'altro non li avevo mai sentiti. E non due concerti a caso, qui si sta parlando dei miei grandi amori: quello relativamente nuovo (e che ormai temo stia scalzando definitivamente tutto il resto) e quello di sempre, quello che rimane per sempre scolpito nel cuore.
La fortuna ha voluto che mia personalissima "tournee' europea", tra le tappe lavorative di Milano e Zurigo, coincidesse con la tournee' italiana di questi due capisaldi del mio cuore. Dunque al diavolo razionalita' ed economia: che si parta, si percorra lo stivale malandato, si usi la ghiotta occasione per sentirli.
Nel caso dei cuneesi l'occasione e' doppiamente ghiotta perche' questo non e' un tour qualsiasi: e' l'omaggio al disco che ha cambiato la mia vita di ascoltatrice quando avevo 15 anni, il tributo definitivo.
Guardando le date del tour catartico dalla mia postazione oltreoceano non avevo molti incastri: la scelta e' ricaduta quasi obbligatoriamente su Padova.
Per finire, a coronamento, questa volta ho un accompagnatore d'eccezione a suggellare il grande evento: il buon Viktor e' la persona giusta per condividere questa assurda avventura.

Arriviamo al locale in largo anticipo per essere sicuri di trovarlo; e' forse una delle zone piu' infami di tutta Padova e a saperlo avremmo girato in centro un poco piu' a lungo: in strada veniamo anche importunati da una coppia di ragazzi ubriachissimi che un po' mi impressionano (hanno l'aria di essere innocui da sobri, ma da ubriachi non si puo' mai dire) e in quel momento ringrazio la mia buona stella per il fatto di potermi aggrappare al braccio di Viktor in cerca di protezione, ma questa e' un'altra storia e si dovra' raccontare un'altra volta.

Siamo dunque tra i primissimi a entrare, come quando si aveva 16 anni; il posto e' piccolo e ancora vuoto, ci dirigiamo sotto il palco nonappena capisco qual'e' il lato-Tesio (ovviamente). L'atmosfera e' quella giusta, l'ambiente fa pensare a un'inquadratura de "Il cielo sopra Berlino" (mai scelta fu piu' adatta alla situazione), la compagnia e' perfetta: ci sara' di che godere, ne sono sicura.

Il palco e' sistemato per loro, questa sera niente gruppo spalla: gli amplificatori, la pelle della cassa, la parete alle loro spalle, sono tutti coperti da veli su cui e' disegnato in bianco e nero lo stesso schizzo che, colorato, e' la copertina di Pansonica.
In rete scrivevano che il concerto sarebbe iniziato alle nove ma siamo in un centro sociale occupato e al concerto dei Marlene Kuntz: non mi aspetto di vederli sul palco prima delle dieci e mezzo, verosimilmente anche dopo.
Ad un certo punto notiamo che la ragazza in piedi accanto a Viktor si sta sistemando il trucco: indossa un vestitino che fa decisamente a pugni con l'aria trasandata del centro sociale e noi due ridiamo come pazzi.
Ormai il locale e' stracolmo e ci guardiamo intorno: a parte pochissime persone che potrebbero avere l'eta' di Catartica, il resto del pubblico ha un'eta' visibilmente maggiore o uguale della mia, segno che questa serata in un certo senso e' una specie di raduno di vecchi amici del bel tempo che fu.

Sono le undici quando la musica tace e le luci si spengono, la folla che scalpitava gia' da un po' si fa piu' rumorosa. Poi dei faretti si accendono puntando sulla parete di fondo e le loro luci vi si muovono sopra sinuose come serpenti; parte una musica registrata ma stavolta e' diverso, il volume e' diverso, e' chiaro che questa fa parte dello spettacolo: e' una musica che odora di india e di incantatori di serpenti. Mi ci vuole qualche secondo per riconoscerla e quando capisco non posso far altro che pensare che sono dei figli di puttana, inteso con immensa ammirazione, come forse solo un romano potrebbe intenderlo: e' "Kuntz" dei Butthole Surfers, il brano da cui hanno tratto ispirazione per il cognome della bella Marlene, forse venticinque anni fa.
Geniali bastardi. Sorrido.

Entrano e la folla esplode.
L'apertura e' consegnata a "Mala Mela" (diavoletto rossa) che in tanti anni non mi era mai capitato di sentire dal vivo: inizia apparentemente soffice ma poi ti esplode in faccia e ti lascia li' inebetito; poi di seguito "1°2°3°" e "Fuoco su di te", raffiche sonore, energia allo stato puro, impatto devastante: Godano, tanto per cambiare, e' gia' sudatissimo, Bergia lo sarebbe se non fosse per un piccolo ventilatore sistemato sul suo fianco destro, Lagash si sta divertendo da pazzi, Tesio balla (!). Non paghi attaccano "Giu' giu' giu'" in una delle versioni piu' potenti che io abbia mai sentito; non e' umano continuare con questo ritmo, non credo di poter reggere, non ho piu' il fisico, e infatti ci infilano "Gioia che mi do", che comparata al resto e' una ballata delicata che serve a riprender fiato (sic). La 'pausa' (se cosi' la si vuol chiamare) e' finita, si puo' ripartire con "Canzone di domani" cui attaccano una coda noise di grande impatto e potenza. Silenzio di pochi secondi, un veloce passaggio dalla diavoletto rossa alla nera, e parte possente il basso di Lagash per "Donna L": mi sembra che la voce di Godano non sia mai stata cosi' energica e coinvolgente, a malapena riesce lui stesso a reggere i suoi ritmi. E' il turno di "L'oblio" e se prima avevo dei dubbi ora non ne ho piu': e' evidente che Pansonica, pur fatto di brani scritti negli anni novanta, e' stato ripensato da musicisti che suonano assieme da venticinque anni!, c'e' una fluidita' diversa, meno irruente e ingenua nell'esecuzione, alcuni passaggi armonici, alcuni colpetti sui piatti, sono chiaramente il frutto di vent'anni di carriera.
Finito il pezzo Godano saluta il pubblico, ringrazia, rievoca quella volta di vent'anni prima in cui erano stati li', spiega (come se ce ne fosse bisogno, come se non lo sapessimo gia' tutti) lo scopo celebrativo del tour e di Pansonica.
Applauso.
E' il turno di "Parti": certo che sto Pansonica e' davvero potente!
Un altro cambio dalla nera alla rossa e parte "Lieve" in una versione accelerata e potenziata, poi "Trasudamerica" per placarsi un attimo e a seguire l'esplosione di "Sig.Niente". E sara' l'ambiente, sara' la serata, sara' il brano, ma qui, questa sera, in questo momento, sento fortissimo il legame che aveva Godano con il Nick Cave di "From her to eternity": anche il fossanese si dimena sul palco con una sensualita' animale selvaggia, gronda sudore a goccioloni sul pavimento, sulla chitarra madida anch'essa del sudore di lui come un'amante nel pieno dell'atto, sulla batteria di Bergia ogni volta che vi si avvicina. Siamo arrivati a "Capello lungo", altra esplosione, altri brividi; dal vivo si sente ancora di piu' che hanno cambiato un poco il finale rispetto a come la suonavano piu' di vent'anni fa: quell'arpeggio era troppo bello per rischiare di non registrarlo mai (e quando usci' Catartica non era assolutamente ovvio che ce ne sarebbe stata occasione) sicche' lo avevano attaccato a "1°2°3°"...
Chiudono la prima parte due bombe a mano: "Merry Xmas" e "M.K.". La violenza e' tale che su "Merry Xmas" salta una corda alla chitarra di Tesio che e' costretto a ripiegare temporaneamente sulla tele di Godano.
Un pensiero mi trapassa il cervello e si impadronisce di me. Il fatto e' che loro adesso nell'intellighentia ci stanno dentro eccome, ne sono gli alfieri piu' accreditati: come ci si puo' aspettare che Godano 'senta' quelle parole come faceva allora?, puo' senz'altro interpretarle in onore e ricordo del ragazzo che fu, ma se le 'sentisse' gli consiglierei di farsi vedere. E da uno bravo.
Certo e' che sull'interpretazione non c'e' proprio niente da dire, e questo (almeno questa sera) e' decisamente vero per tutti e tre i Kuntz piu' uno.

Pausa.

Nel breve tempo prima del loro ritorno sul palco, Viktor mi confida che stiamo assistendo a un concerto molto diverso da quello di Torino, che deve ammettere che i Kuntz sono vivi (toh!) e che forse semplicemente quella sera erano presi male, o magari essendo inizio-tour dovevano ancora rodarsi. Capita. Sorrido: sono molto felice di essere arrivata a fine-tour allora!

La pausa, come si diceva, e' brevissima, tornano sul palco con "Ruggine" (diavoletto nera) che e' imponente, poi "Sotto la luna" a mo' di quiete prima della tempesta; anche qui decido che questo brano deve essere stato rimaneggiato o comunque e' nato un poco dopo Catartica visto che viene suonato (unico brano) con la lespaul "left": la sensazione e' che questa chitarra (quest'accordatura) sia arrivata in un momento appena successivo, dato che gia' a partire da "Il vile" viene utilizzata molto di piu'.
Altro cambio, torna la diavoletto rossa, alziamo lo sguardo e Godano e' sopra di noi a rumoreggiare ed e' un attimo prima che parta "Festa mesta": delirio, tripudio, hanno tenuto i grandi classici per il finale...
Ancora un cambio, diavoletto nera, iniziano a 'sporare' ed e' un piacere-sonico per le orecchie: Bergia ha una specie di corda con attaccati dei campanelli (?) con cui sfiora i piatti, Godano rumoreggia, Tesio arpeggia ed e' magia. Poi l'immancabile bacchetta di batteria a stuprare la chitarra, la spora continua ancor piu' nervosa, la tensione sale… un respiro brevissimo, Godano batte sulla bacchetta, tan-tan tan-tan-tan-tan tan-tan-tan-tan-tan: esplosione, "Sonica", un ruggito assoluto.
A chiudere il concerto ci pensa "Nuotando nell'aria" (ovviamente non-sottosopra, sulla diavoletto rossa) ed e' un gran lusso, il finale perfetto. Salutano, s'inchinano, escono; la diavoletto rossa e' poggiata sul rispettivo ampli, la strato legnosa (nuova?) accanto all'altro, sulla pedana della batteria, un feedback infinito ci avvolge: sale uno dei tecnici, stacca l'ampli di Tesio, poi quello di Godano, ultimo quello di Lagash.
Buio.

Avevo (ahime') letto che in altre occasioni avevano suonato "Musa" come tris-a-sorpresa e che la cosa non era piaciuta: confesso che dal lato dell'oceano dove mi trovavo mi era parsa una bellissima idea quella di mettere "Musa" dopo tutto quanto, ma forse ero solo io a pensarla cosi' e i Kuntz chissa', magari si sono adeguati... vabbeh, poco male.

Voglio salutare Tesio (ovviamente) e non ci mette molto a uscire: mi vede, mi viene incontro, viene fermato, chiacchiera, lo aspetto, si avvicina. "Come va in Canada?" chiede. "Freddo, ma bene" rispondo. Ringrazio per la serata e lo lascio andare, immagino sia distrutto: vorrei chiedergli questa storia di Pansonica, fino a che punto e' vera la mia teoria dei brani rimaneggiati, ma non importa: se fossi spavalda un quarto di quel che sembro proverei ad aspettare un attimo per fargli le mie domande ma lascio perdere: del resto anch'io sono distrutta, sono in giro da ieri, domani devo andare a Zurigo... va bene cosi'.
Sono felice di averli visti ancora una volta, felice di averlo fatto in questa occasione.

Mentre camminiamo verso l'albergo pero' realizzo qualcosa che non mi aspettavo: percepisco intimamente (credo) il sentimento dei cuneesi riguardo i brani suonati questa sera. Anche io (forse per la prima volta o forse lo sapevo gia' senza trovare il coraggio di ammetterlo) non li sento piu' come miei. E ci mancherebbe: non ho piu' 15 anni!
Non ce l'ho piu' con i fighetti, il loro atteggiamento mi scivola addosso come aria. Sono io la prof., quella che spiega, assegna compiti, mette voti, e nell'intellighentia a mio modo ci sono dentro anche io, o comunque ci sto entrando. Quella rabbia giovane non e' piu' mia: ne sopravvive un ricordo a suo modo tenero ma niente di piu'.
In questo lungo finesettimana quegli altri, il "nuovo amore", hanno parlato al mio cuore di oggi, se lo sono portato via delicatamente, mi hanno stregata. Questi hanno rievocato (con successo, sia chiaro) la bambina, ma inevitabilmente non hanno parlato a me.

E mi domando se i signori non l'abbiano fatto apposta: sono anni che il pubblico gli da dei venduti perche' non sono piu' "i Marlene Kuntz di un tempo" senza capire che la cosa non ha davvero nessun senso... e se il messaggio di fondo fosse proprio questo?, se il senso ultimo fosse quello di far capire quanto sia ridicolo cercare di sentirsi adolescenti quando non lo si e' piu'?

2 commenti:

  1. Dici bene. Non siamo piu' adolescenti. Ma forse ci è dispiaciuto deverlo ammettere a fine concerto. Hai descritto molto bene la musica e l 'atmosfera. Per due orette la macchina del tempo mi ha riportato indietro ...

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    1. ...la cosa veramente pazzesca e' che a me non e' dispiaciuto, anzi, sono felice di essere quello che sono: un concerto come questo avrebbe avuto un'altro effetto su di me 15 anni fa, oggi e' diverso ma non sono loro, sono io. Ma appunto, mi sta bene: sono semmai molto curiosa di scoprire quale sara' il loro prossimo passo, magari tra uno o due anni...

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